
02 Apr IL DIRITTO / DOVERE DI VISITA DEL GENITORE NON COLLOCATARIO AL TEMPO DEL COVID-19
Il mantenimento di un rapporto equilibrato e continuativo tra i figli minori e ciascuno dei genitori, nel caso in cui l’unione materiale e spirituale tra questi venga a mancare come accade nei casi di separazione, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, è espressamente previsto dal codice civile all’art. 337 ter. In tale ottica, il Giudice ha il compito di adottare i provvedimenti relativi alla prole con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa, stabilendo la tipologia di affido – condiviso o esclusivo – e presso quale genitore i minori andranno collocati. In tal modo viene garantito il diritto di visita al genitore non collocatario e viene rispettato altresì il diritto alla bi-genitorialità dei figli.
In concreto, il diritto di visita permette al genitore non collocatario di trascorrere del tempo con la prole nelle giornate e negli orari concordati. Esso deve attuarsi nel rispetto dei principi di buon senso ed equilibrio, al fine di tutelare il minore avuto riguardo del suo interesse morale e materiale, senza quindi costringerlo a continui spostamenti che comportano una ripetuta riorganizzazione degli adempimenti quotidiani. Si ricorda infine che il diritto di visita non può e non deve essere ostacolato, anche se tra il figlio e il genitore non convivente sussistano dei rapporti conflittuali (Cass. n. 50072/2016).
Laddove il diritto di visita venga esercitato in maniera discontinua, non rispettando il regime di visite concordato o non venga proprio esercitato, il giudice potrà disporre l’affidamento esclusivo della prole (in questo senso Cass. n. 977/2017) sulla scorta del fatto che tra gli interessi del minore da salvaguardare vi rientra anche quello relativo al mantenimento di un rapporto equilibrato con entrambi i genitori, che risulterebbe violato da una simile condotta. Se invece viene riscontrata un’inosservanza delle modalità di esercizio di visita tale da comportare un grave pregiudizio per la prole, il giudice potrà disporre la decadenza della responsabilità genitoriale ex art. 330 c.c. o, nei casi più gravi, l’addebito del reato di mancata esecuzione dolosa di un provvedimento del giudice previsto al secondo comma dell’art. 388 c.p..
Il diritto di visita del genitore non collocatario è stato recentemente messo in difficoltà a causa dall’emergenza sanitaria coronavirus, la quale ha portato all’emanazione di misure stringenti che limitano la libertà di movimento dell’individuo fuori dal proprio comune di residenza se non per comprovate esigenze, assoluta urgenza o motivi di salute da attestare con un’apposita autocertificazione (D.p.c.m. 22.03.2020).
Ovviamente, la nuova normativa ha dato luogo a dubbi interpretativi anche in punto diritto di visita, essendosi posti il problema se l’emergenza sanitaria potesse o meno limitare o, peggio, impedirne l’esercizio secondo le modalità già in essere tra le parti, di fatto “autorizzando” la parte ad adire il Giudice a sensi dell’art. 709 ter c.p.c..
Sul punto, occorre registrare già due interventi d’urgenza emessi da Tribunali di merito, peraltro di (apparente) opposta interpretazione.
Da una parte, il Tribunale di Milano, con decreto del 10.03.2020, ha affermato, peraltro inaudita altera parte, e, quindi, senza nemmeno dover convocare i genitori, che eventuali ordinanze restrittive non possono giustificare violazioni di provvedimenti di separazione o divorzio (“le norme d’urgenza non sono preclusive dell’attuazione delle disposizioni di affido e collocamento dei minori laddove consentono gli spostamenti finalizzati a rientri presso la residenza o il domicilio”), di fatto, quindi, non consentendo alcuna limitazione al diritto di visita.
Di diverso avviso invece è stato il Tribunale di Bari (provvedimento visionabile al link https://www.studiocataldi.it/articoli/37904-coronavirus-stop-agli-incontri-tra-padre-e-figlio-residenti-in-comuni-diversi.asp) che, con ordinanza del 26.03.2020, ha ritenuto di poter momentaneamente sospendere le visite tra un padre e un figlio residenti in due comuni diversi in ragione dell’emergenza coronavirus optando per “visite in videocall”.
Invero, la giurisprudenza (Tribunale di Milano, ordinanza 16.04.2013) aveva già affermato che l’affido condiviso potesse essere esercitato anche utilizzando piattaforme digitali come Skype, Whatsapp e social network, ferma restando la puntuale collaborazione da parte dei genitori nel garantire i collegamenti -soprattutto se si tratta di figli molto piccoli- e l’intento di non ostacolare in alcun modo il diritto di visita del genitore non collocatario.
Al di là, però, dei dubbi che la norma possa ingenerare, riteniamo che la soluzione che si debba trovare escluda una valutazione aprioristica e generalizzata, dovendo cedere, necessariamente, di fronte al principio generale che permea ogni procedimento riguardante la prole, vale a dire il superiore interesse del minore a ricevere il provvedimento che tuteli, per l’appunto, in maniera primaria i suoi interessi morali e materiali.
In definitiva, il Giudice dovrà valutare, caso per caso, a fronte delle allegazioni delle parti, quale possa essere la misura da ritenersi maggiormente confacente alla tutela del minore, senza vincoli preordinati che finirebbero per essere visti come meramente punitivi e lesivi al diritto alla bi – genitorialità.
Questo è diritto ma, ovviamente, quando si parla di figli, i ragionamenti dovrebbero essere dettati non già o non solo dalla legge ma, prim’ancora dal buon senso.
Compito dell’interprete, in primis, l’avvocato, sarà sì quello di fornire al cliente l’interpretazione giuridica corretta, ma altrettanto fondamentale e primario sarà che egli richiami il proprio cliente a far corretto uso di tutti gli elementi, anche extra – giuridici, a disposizione nel caso di specie, tutelando in principalità il minore, in ogni modo possibile.
Se, quindi, da un lato si può affermare come astrattamente l’emergenza coronavirus non possa limitare ex se la possibilità dei genitori non conviventi di spostarsi per incontrare i figli secondo le modalità previste dal giudice nei provvedimenti di separazione o divorzio (da ricordare, altresì, come nel modulo di autocertificazione sia prevista la voce “obblighi di affidamento di minori” che consente l’allontanamento dall’abitazione), dall’altro, occorrerà sollecitare le parti a valutare, in concreto, i potenziali rischi, per i terzi e per i figli, che un eventuale contatto con gli stessi possa, anche in minima parte, esporli al contagio.
Si faccia l’esempio del genitore non convivente che svolga la professione di medico in uno degli Ospedali delle zone maggiormente colpite dal COVID 19: appare evidente come, nel caso di specie, prima che il diritto, dovrebbe ben prevalere il buon senso, con decisioni quindi, imperniate al fine di evitare ogni potenziale rischio al minore e all’altro genitore.
In tal ipotesi, sarebbe ipotizzabile, al fine di assicurare il diritto alla bi – genitorialità che, comunque, deve essere mantenuta onde garantire il figlio ad un costante rapporto col genitore non collocatario, l’uso della tecnologia, nei termini ad esempio indicati dal Tribunale di Bari.
Infine, occorre ricordare come tutte le suddette impostazioni valgano anche nei non infrequenti casi in cui manchi un provvedimento giurisdizionale in quanto la separazione sia solo “di fatto” oppure laddove i provvedimenti giurisdizionali non siano ancora intervenuti. Una trattazione diversificata di tali situazioni potrebbe portare con sé il rischio di causare illogiche discriminazioni fra situazioni analoghe che andrebbero a sfociare nell’istaurazione di molteplici procedimenti, da un lato, proposti ex art. 709 ter c.p.c., dall’altro lato, ex art. 337 ter c.c., con istanze urgenti che consentano al genitore di riprendere la relazione con il figlio, qualora vi sia il rifiuto di consegnare il figlio all’altro ritenendolo vietato dalla legislazione dettata per contenere il contagio da coronavirus.
Il figlio al centro del villaggio, sempre, anche in periodo di COVID 19.
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